SGUARDO SOSPESO – RIFRAZIONI, Transizione

10 Aprile 2014

Il componimento sonoro descrive nell’arco temporale di 8 minuti (il tempo che impiega un raggio solare a raggiungere la Terra) la transizione quasi impercettibile dal buio alla luce, con una dilatazione, un rallentamento inconsueto del processo di percezione-ascolto. L’oscuro e il luminoso, come ogni fenomeno, sono un insieme di elementi transitori in relazione fra loro, con cicli di espansione e contrazione.

Il componimento sonoro si basa su un campione audio della NASA proveniente dall’SDO (Solar Dynamics Observatory), un telescopio spaziale lanciato l’11 febbraio 2010 per studiare il Sole. Straordinaria è la coincidenza data dall’analisi di frequenza globale pari a 67,02 Hz che ha restituito la nostra prima nota musicale, corrispondente ad un DO2.

Due voci della composizione, sono composte seguendo in modo ascendente l’esatta sequenza degli armonici naturali (ipertoni di una frequenza fondamentale che determinano il timbro di un suono) del campione giunto a qualità timbrica concreta del Sole. Ognuna di queste frequenze sono diventate, poi, nota fondamentale di se stesse intessendo una densa polifonia.

Il FFT (Fast Fourier Transform), uno dei fondamentali algoritmi, proveniente dall’analisi armonica ed ottimizzato per calcolare la trasformata discreta di Fourier (DFT) e la sua inversa, ha permesso di filtrare il campione sonoro del Sole in 16 distinti blocchi armonici con un netto taglio di frequenze determinate.

Spettrogramma tridimensionale di analisi globale delle frequenze presenti nella composizione Sguardo sospeso – Rifrazioni, Transizione con righello temporale e logaritmico delle ottave. Il componimento contempla una estensione delle frequenze, ben oltre la gamma udibile, da 8HZ a 22KHz.

Il Rilucere sonoro è una verticale che non è né da, né verso. Uno sguardo sospeso, che non in terra, non in cielo, diviene dialogo di rifrazione d’onde tra le qualità tonali e timbriche, di ciò che si vede e si sente. Un’intima relazione tra due soggetti che insieme creano una riflessione speculare. Un duale sguardo inudibile-udibile, di tale tremenda bellezza che sopportiamo appena, ed ammiriamo poiché incurante disdegna di annientarci1. Come rilucenti occhi di due amanti che si fondono, si annullano e si perdono nell’esplorarsi l’anima.

Insito già nel termine rilucere [dal latino relucēre, composto di re- e lucēre «splendere»] mandare luce, rifulgere, risplendere, l’intimo senso di questo dialogo. Ed è una lirica ispirazione la mitologia greca, sempre pregna di sinestetico senso reale, offrendoci un’affascinante rifrazione di rilucere sonoro e visivo, nel celebre racconto di Narciso e della ninfa Eco.

Nota la gelosia di Era, quando, accorgendosi che l’instancabile fascino loquace nel dialogo della bella Eco, non è altro che un sotterfugio per distrarla dai tradimenti del suo Zeus, scatena tutta la sua ira condannando la povera ninfa a ripetere in eterno solo le ultime parole dei discorsi che le venivano rivolte o che udiva. Mentre vagava nei boschi, Eco scorse Narciso che smarritosi invocava aiuto. Non potendo rivolgergli parola, si limitò a rimirare la sua bellezza, estasiata da tanta grazia; a lungo lo seguì da lontano ascoltando le sue invocazioni. Straziata, Eco decise di mostrarsi rispondendo ai richiami d’aiuto come solo poteva, e protendendogli il proprio abbraccio d’amore. Ma Narciso reagì scacciando Eco che, avvilita e vergognandosi, da allora si lasciò morire d’amore finché di lei non rimase che la sola voce. Fu la dea Nemesi, colei che provvedeva a distribuire giustizia, a punire Narciso facendo venir meno quanto il profeta Tiresia predisse per lui, che avrebbe raggiunto la vecchiaia soltanto se non avesse mai conosciuto se stesso. Dissetandosi ad una fonte Narciso vide per la prima volta la propria immagine riflessa, se ne innamorò alla follia profferendo impossibili carezze e spasimi d’amore fino a morire di se stesso.

È lo stesso Ovidio2 a definirne il mito come un simulacro d’immagine riverberata, e Louis Lavelle che descrive quest’intima contemplazione come una «resonance à sa solitude même»3. Ma è ancora Rainer Maria Rilke, che nei suoi versi4 descrive meglio di chiunque questa ek-stasis di auto-trascendimento, come un ‘eco’ al pulsare del cosmo. Così, d’identiche rifrazioni d’onde speculari sono uniti Narciso ed Eco.

Creare la sonorizzazione di Rilucere – oltre l’apparenza insieme ad Ugo Locatelli è un pastorale cammino anticipato da serrati epistolari ed appassionanti dialoghi, appunto, sempre con uno sguardo estremamente coincidente. Alcune riflessioni tratte dal suo Atlante Areale5, tra queste: «Il suono occupa un luogo particolare tra le altre qualità, essendo situato al confine tra le qualità localizzate e quelle irraggianti», e «la luce attraversa territori diversi, si intreccia con lo sguardo cercando di avvicinarsi a ciò che è lontano, mentre ciò che è lontano si avvicina agli occhi della mente manifestando la sua unicità», sono di una tale condivisione quasi anticipassero cose vere e ‘promesse’6. Doveroso, qui, aggiungere la visione di Luigi Nono, che riteneva la materia sonora capace di predominio sull’immagine e la parola scritta, per formare nuove dimensioni di significato.

Questo umanistico indagare non è scevro di riferimenti scientifici, che considero, tra l’altro, indissolubilmente collegati. È proprio questa relazione, invece, la riflessione più matura e l’intento fondante compositivo di questo dialogo poetico-scientifico sospeso tra le stelle, che è sperimentazione di un ‘reale’, incerto. Traduzione di spettrogrammi quasi mistici, invisibili ed inudibili, e così lontani.

Non è un dato deludente comprendere che non vi è un suono delle stelle propriamente udibile, perlomeno non come lo intendiamo in modo umano e convenzionale. Esiste piuttosto, mediante procedimenti scientifici, una sonificazione delle curve di luce7 che ci è possibile decifrare e comprendere attraverso uno spettrogramma che è la rappresentazione grafica del suono, e che ci permette di tradurre qualsiasi frequenza si manifesti.

Le curve di luce ci mostrano l’andamento ed il tempo di un corpo celeste e contengono determinate frequenze di variazione di luminosità simili alle onde sonore. Il processo di sonificazione e di analisi armonica8 di queste frequenze, non udibili, viene elaborato con formulazioni matematiche racchiuse nella Trasformata di Fourier alla dimensione di frequenze che l’orecchio umano può udire.

Queste imparziali ed insufficienti sintesi, appartengono ad un vasto ‘territorio’ indagato già dagli inizi del XX secolo, da compositori che hanno generato veri propri nuovi linguaggi. Con l’affacciarsi delle scienze elettroacustiche, ed i primi strumenti che hanno permesso una scomposizione del suono, le nuove avanguardie hanno rafforzato questo straordinario contatto con le scienze che ha rivoluzionato non solo il linguaggio grammaticale, ma un’intera cultura secolare. Verso la fine degli anni 50 del XX secolo la musica concreta di Pierre Schaeffer e Pierre Henry, con metodo e laboriose e denaturanti tecniche di montaggio del suono, registrato con il solo ausilio di magnetofoni, le vibrazioni elettriche divengono vibrazioni sonore acquisendo una nuova identità. Nasce il suono sintetico e la musica concreta assume paternità della nuova musica elettronica.

Intorno alla materia suono in tutta Europa è un pullulare di fermenti di ricerca e creativi. A Colonia con Karlheinz Stockhausen «uno dei più grandi visionari della musica del XX secolo»9, a Milano con lo Studio di Fonologia fondato da Luciano Berio e Bruno Maderna, e a Parigi l’IRCAM di Pierre Boulez.

L’interesse, non è più il Tempo, ma la qualità del Tempo. Non più il suono ma lo spettro del colore tonale tra armoniche e rumore. Non è solo una evoluzione culturale, ma ci si dischiude a nuove capacità percettive, che permettono di vedere e di sentire meglio ed oltre, ciò che eravamo ‘abituati’ a vedere e sentire della storia passata intera.

Gerard Grisey lo si potrebbe racchiudere in una frase di Paul Klee «L’arte degna di questo nome non rende il visibile: ma dissuggella gli occhi sull’invisibile».10 Egli ha trascorso gran parte della sua, purtroppo, breve vita ad esplorare lo spettro del colore tonale ed i processi musicali che si dipanano allargando nuovi orizzonti conoscitivi.

Con astronomi e fisici, che riteneva capaci di sentire più di un musicista, si confrontava con un linguaggio simile, parlando di coagulazioni, di processi, di dissoluzioni, di allargamenti, di densità. Le sue sperimentazioni informatiche erano sempre rette da un atteggiamento non invasivo e cauto ritenendo, che le possibilità offerte dall’informatica erano troppo vaste ed immediate per districarne i propri bisogni. Il 16 marzo 1990 a Bruxelles nell’ambito del Festival international de musique contemporaine Ars Musica si esegue la prima assoluta di Le Noir de l’Etoile per 6 percussionisti, nastro magnetico e trasmissione in situ di segnali astronomici, captati dalla Station de Radioastronomie de Nançay in Francia, di Gerard Grisey. «Un lavoro di un’ora che utilizza suoni di stelle, di pulsar, che vengono captati dal radio-telescopio e radiotrasmessi in diretta durante il concerto, secondo le prescrizioni della partitura: “i suoni delle stelle” vengono sia immessi in ascolto sia recepiti dai musicisti in modo indipendente con delle cuffie, alfine di realizzare dei movimenti ritmici autonomi degli esecutori. Ma la cosa che più mi ha interessato è stato il fatto stesso di legare totalmente l’ora del concerto al passaggio della stella: il relegare il concerto ad un evento fenomenico così straordinario».11 L’opera Le Noir de l’Etoile è di un purismo – sia grammaticale che d’interpretazione nella sua eccezione del termine più estesa – quasi assoluto.

Le otto tavole visive, di Cielo profondo per le musiche Sguardo sospeso – Rifrazioni, sonorizzazione di Rilucere – oltre l’apparenza, sono un ideale spettrogramma. Un trait d’union con la musica spettrale, necessario e voluto, in quanto, tra l’altro, la caratteristica strutturale compositiva, quella di contenere «materiale interamente derivato dalle proprietà acustiche del suono» e che «adotta una metodologia regionale e polinucleare»12 è fertile materia perché si svelino osmosi percettive da questo sguardo sospeso tra cielo e terra.

Le riprese audio terrestri non hanno minore rilevanza o caratteristiche inferiori, al materiale non denaturato e solo coerente alla trasformata di Fourier, di quelle cosmiche. Sono state effettuate in altitudine, in direzione dell’Orsa Minore, per sottrarre, senza eliminarlo, eccessivo inquinamento acustico ed essere quanto più esplorative al meditativo rumore bianco. Quasi ad ottenere una lettura semantica, ed un’antropologia linguistica e simbolica del suono.

I raggruppamenti sonori sono come inversi alla distanza dei due dialoganti. È come averne tanti, nello sguardo della volta celeste, che diminuiscono all’avvicinarsi della costellazione, moltiplicando quelli della piccola Terra che si allontana diventando globale ma impercettibile. Una direzionalità sonora che tende progressivamente ad una espansione inversa. Un incrociarsi dinamico che si compenetra e si attraversa d’infinite rifrazioni d’onde, che danzano in speculari echi armonici. È un unicum totale, di una voce distante, il dialogo spaziale acustico tra Cielo profondo, e la pastorale Transizione come a creare una sorta di augmented reality che tende ad arricchire le nostre percezioni sensoriali. Un dialogo tra due fonti sonore che moltiplica la spazialità uditiva e ci sorregge ancor più sospesi.

Lo sguardo infinito sulla volta celeste tra Polaris e Yuldun «via via a profondità crescente nello spazio – apparentemente vuoto, o quasi – fra coppie di stelle»13 ci avvicina con un’inafferrabile attrazione; mentre il canto della Terra si serra, si infittisce e ci abbandona fino al farsi di totali silenzi quando, invece, l’espandersi esplorativo dell’ultima tavola, di spazio vuoto incerto tra le stelle, si decompone, si dilata e si sintetizza in opposti del naturale, del concreto; sintetici. Si raggiunge un’astrazione geometrica che dissolve all’assoluto, è il mistero.

È Dio trascendente che si sottrae ad ogni sforzo conoscitivo: è un Deus absconditus che rende vano ogni tentativo della ragione di svelarne l’essenza, restando inaccessibile e mostrandosi come vero e proprio paradosso. L’infinità divina coincidente nel socratico so di non sapere: una docta ignorantia.

Una piccola frase dedicatami da Ugo, sul suo Atlante Areale, conclude con: «Buon cammino». Mi suggerisce l’iscrizione letta da Luigi Nono, nei suoi ultimi anni di vita, sul muro di un monastero francescano a Toledo, che ha poi ispirato un suo ciclo di composizioni: “caminantes / no hay caminos / hay que caminar / soñando” (tu che cammini / non vi sono strade / occorre camminare / sognando). L’assonanza magnifica: sognando-sonando a me ispira un’utopia legata al più bel pensare di Ugo, quello di una ecologia della visione e del pensiero; sogno un mondo nel quale la bellezza è purgata di tutti i suoi inquinamenti e noi finalmente sensibili di cogliere infinite cose dalla sola luce e dal silenzio, essere in grado di ascoltare l’inudibile suono delle stelle.

Gerardo De Pasquale

DE PASQUALE, G., Sguardo Sospeso – Rifrazioni, Parva Naturalia 2012 – 2014, vol. 10, Piacenza, Società Piacentina di Scienze Naturali, 2014

 

NOTE

  1. RILKE, R. M., Elegie duinesi, Torino, Einaudi, 1978.
  2. OVIDIO, Metamorfosi, Torino, Einaudi, 2005.
  3. LAVELLE, L., L’Erreur de Narcisse, Paris, Grasset, 1939.
  4. RILKE, R. M., Poesie, Torino, Einaudi, 2000.
  5. LOCATELLI U., Atlante Areale, Sesto San Giovanni, Mimesis, 2010.
  6. NIETZSCHE, F., Umano, troppo umano, vol. II, Milano, Adelphi, 1981.
  7. Fonte: NASA’s Kepler mission, http://kepler.nasa.gov/multimedia/Audio/sonification/
  8. STEIN, E. M., Weiss G., Introduction to Fourier Analysis on Euclidean Spaces, Princeton University Press, 1971.
  9. HEWETT, I., Karlheinz Stockhausen, Guardian News: http://www.theguardian.com/music/2007/dec/07/7
  10. KLEE, P., Schöpferische Konfession, in K. Edschmid (a cura di) Tribune der Kunst und Zeit – Eine Schriftensammlung, vol. XIII, Berlin, Erich Reiss Verlag, 1920.
  11. VERRENGIA, A., Musica spettrale ed anatomia del tempo – Intervista con Gerard Grisey -, Piano Time n° 105, 1992.
  12. LOCATELLI U., Atlante Areale, Sesto San Giovanni, Mimesis, 2010.
  13. LOCATELLI U., Estratto dalla Mappa degli Elementi di Rilucere – oltre l’apparenza, 2014.

 

BIBLIOGRAFIA

 

AA. VV., DEUMM (Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti), 22 voll., Torino, UTET, 1983-2005.
GENTILUCCI, A., Guida all’ascolto della musica contemporanea, Milano, Feltrinelli, 1969.
GENTILUCCI, A., Introduzione alla musica elettronica, Milano, Feltrinelli, 1972.
MIGLIACCIO, C., Introduzione alla filosofia della musica, Torino, UTET, 2009.
ADORNO, T., Filosofia della musica moderna, Torino, Einaudi, 2002.
JANKÉLÉVITCH, V., La musica e l’ineffabile, Milano, Bompiani, 1998.
SCHÖNBERG, A., Il pensiero musicale, Roma, Astrolabio, 2011.
KANDINSKY, W., Lo spirituale nell’arte, Milano, SE, 2005.
BOULEZ, P., Il paese fertile. Paul Klee e la musica, Milano, Abscondita, 2004.
NATTIEZ,  J.-J., Il discorso musicale. Per una semiologia della musica, Torino, Einaudi, 1987.
NATTIEZ,  J.-J., Pierre Boulez e John Cage, corrispondenza e documenti, Milano, Archinto, 2006.
XENAKIS, I., Universi del suono. Scritti e interventi 1955-1994, Milano, Universal Music MGB, 2003.
BAILLET, J., Gérard Grisey, fondements d’une écriture, Paris, L’Itinéraire-L’Harmattan, 2000.

 

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